Se da bambina avessi potuto scegliere
un super potere, certamente avrei voluto la capacità di volare.
Tutti i miei personaggi preferiti, letterari e cinematografici,
avevano infatti questo dono.
Nella vita di tutti i giorni guardavo
le cime altissime degli alberi e i tetti delle case immaginando di
poterli toccare mentre sfrecciavo veloce nell'aria. Dentro di me le
immagini e il brivido del vuoto erano così veri e nitidi che spesso
la mia coscienza è stata in bilico tra l'aver realmente vissuto
quella esperienza e la consapevolezza di aver sognato ad occhi
aperti.
Sfortunatamente per chi mi sta accanto,
l'età adulta non è riuscita a privarmi della capacità bambina di
estraniarmi totalmente da un determinato contesto per vivere voli e
sogni improvvisi, come quello che ho vissuto a Roma lo scorso week
end.
“Volete vedere il posto più bello di
Roma?”
“Che domande, certo che vogliamo!”
Krisztián si allontana qualche minuto
e torna con in mano un grosso mazzo chiavi. Ci invita a seguirlo
lungo i corridoi e poi in cima alla grande scalinata di marmo che
termina con un pianerottolo ed una porta di legno. La porta è
l'accesso ad uno dei tanti incredibili giardini pensili celati agli
occhi dei passanti nelle strade. Al centro di esso si alza dritta
verso il cielo una torretta con terrazzo panoramico, alla quale si
accede attraverso una scala a chiocciola di metallo. Krisztián si
arrampica sicuro sulla scala invitandoci a raggiungerlo. Non tutte a
causa dell'altezza se la sentono di seguirlo fino in cima, io mi
accontento di rimanere a metà della scalinata. Il vento è molto
forte, il cielo è limpido e le poche nuvole viaggiavano veloci.
Sotto l'azzurro Roma è infinita. I tetti e i comignoli si rincorrono
l'un l'altro celando storie e giardini segreti. Alcuni colombi
sonnecchiano riparati dal vento all'ombra di un abbaino;
immagino di essere uno di loro. Apro le ali e volo via sui tetti.
Sfioro i davanzali e rubo frammenti di vita romana: un panettiere che
consegna il pane, una ragazza che ride chiacchierando al cellulare,
un'anziana signora che porta a spasso il suo cane, un vigile che
scrive una multa. Torno. Scendo dalla scala, scherzo con le mie
compagne, e ringrazio Krisztián.
Qualche ora dopo, all'inaugurazione,
l'emozione per l'evento è grande. Mi sento piccola e impacciata, i
tetti romani sono lontani anni luce. Sorrido e cerco di spiegare il
mio lavoro e quello del Collettivo con naturalezza, mi tremano le
gambe. Mi guardo intorno assicurandomi di aver ringraziato i
responsabili dell'Accademia d'Ungheria per l'incredibile ospitalità
e gli amici intervenuti. Il tempo se ne va via veloce e io ho la
sensazione di aver perso qualcosa, forse non ho salutato tutti? Non
ho fatto nemmeno una foto..per fortuna qualcuno ci ha pensato al posto mio.
Nel letto, la notte, ripenso ai palazzi
alle piazze con la luce della sera e quella del mattino.
La chiamano “Roma città eterna”
forse perchè un'eternità non basta per coglierla pienamente. Quello
che rimane di lei è solo un piccolo frammento di realtà; potente e
universale come una poesia. Il mio frammento prezioso e inaspettato è
un piccolo grande volo, donatomi da un gentile ragazzo ungherese a
Roma.
Estella Guerrera
Alice Barberini
Cristina Storti Gajani
Valentina Muzzi
Roberta Milanesi
Cristina Sestilli
Loredana Cangini
Elisa Negrini
Il Colletivo Nie Wiem sentitamente ringrazia Péter Sárközy, insegnante di letteratura ungherese all'Università La Sapienza, Sebestyén Terdik referente culturale, Dr. habil. Antal Molnár direttore, Krisztián Cziener e Gábor Orosz collaboratori tecnici.
Gli orari per visitare la mostra fino al 27 febbraio sono dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 19,30 Accademia d'Ungheria via giulia n°1
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