lunedì 14 ottobre 2013

io-pelle [poesia tattile]

La pelle "è un dato originario di ordine organico e nello stesso tempo di ordine immaginario, come sistema di protezione della nostra individualità e, contemporaneamente, come strumento e luogo di scambio con gli altri"
(D. Anzieu).


La gente, a mio parere, può essere conosciuta in due grandi gruppi: quelli che abbondano di abbracci. E quelli che, invece, no.
Ci sono persone che, mentre ti parlano, ti avvolgono di parole e di contatto; per sottolineare il loro connaturato calore, ti sfiorano le mani, ti afferrano il braccio appena sopra il gomito, ti tirano la manica, ti battono pacche sulle spalle, non disdegnando, sovente, buffetti sulla nuca e pizzicotti. Di solito, quando ti incontrano (e quando si congedano da te, in un unico immenso slancio tattile senza inizio né fine), queste persone ti avviluppano in un sonoro abbraccio. Sonoro, sì, perché se gli abbracci facessero rumore sarebbe tutto un crocchiare e un tintinnare.
Questi sono gli uni.

Poi ci sono gli altri.
Quelli schivi, ai quali i polpastrelli e l'intera superficie corporea pongono problemi, talvolta insormontabili. Perché nella vita di tutti i giorni, ahimè, c'è sempre qualcuno che potresti dover toccare. Eccoli lì, gli ipersensibili. Quelli che sull'autobus sono così consapevoli di star sfiorando il polso del tizio in piedi accanto a loro, da arrossire. E che, quando camminano per strada, hanno sempre bisogno di una buona distanza, un confine di silenzioso nulla tutt'intorno, ché non si sa mai, potresti incappare in una nocca, un malleolo, un ginocchio, una mandibola, essendo gli altri esseri umani così ridondanti negli spigoli.
Sono gli stessi che, quando qualcuno li abbraccia, hanno un'istintiva reazione vegetale: diventano rigidi, verdi (o bianchi, a seconda della stagione) e, potendolo fare, sprofonderebbero silenziosamente di una decina di centimetri nel terreno.

E io?
Io da piccola mi addormentavo solo sulla pancia di mia mamma, beandomi di tanta soffice abbondanza di pelle, contatto e calore. Avevo tutte le carte in regola per essere super crocchiante.
Ma la beata vita del marsupiale non è consentita a una normale quattrenne. Bisogna reinventare l'addormentamento, tenendo sotto il naso un batuffolo di cotone e succhiandomi il pollice. 
E il peggio doveva venire. La vita sociale inquadrata e fruttuosa, prima o poi ti obbliga a cedere il passo. 
Via il dito e il batuffolo, non avevo più molte difese nell'andare per il mondo, solo il mio tatto e la mia pelle, un tantino ipersensibile. A quel punto tutti mi sembravano troppo pieni di spigoli. Nata crocchiante e tintinnante, eccomi lì, trasformata in un'adolescente sedano.

C'è di buono che la vita (è sublime certezza), ti pone sempre davanti al cambiamento.
E cambiamento significa, a conti fatti, che le cose possono sempre trasformarsi. Anche l'una nell'altra.
Così una persona ridondante di abbracci può, ad un certo punto, ritirarsi silenziosa in sé stessa senza toccare nessuno, come il mare a Mont San Michel.
Allo stesso modo, una persona che cammina sempre sul marciapiede opposto all'umanità può, se è il caso, lanciarsi a ballare un čoček a piedi nudi intorno ad un falò.
Grazie a questa fortuna, i miei polpastrelli hanno imparato ad essere schivi o ridondanti, la mia pelle ad esplorare il mondo, oppure a ritirarsi a meditare nel suo guscio.
Si può sempre fare. A giorni alterni, ad esempio.
Gustare a modo proprio la magia del contatto con le cose, guardando il mondo schiudersi come un piccolo uovo di tartaruga. Con una una meraviglia priva di parole, oppure allungando una mano, a sfiorarlo.

Con queste riflessioni in punta di dita, e convinta (per tutti i motivi che ho elencato) che il toccare e il sentire a pelle siano davvero opera poetica quotidiana, mi sono messa al lavoro su questa serie di immagini. Mentre aspettavo che nascesse Olivia, la mia prima figlia, chiedendomi se lei avrebbe dormito volentieri sulla mia pancia e come sarebbe stato il nostro primo contatto nel mondo di fuori.

[Ho scritto anche tre piccoli testi poetici che accompagnano le tavole tattili, ma questi sono una mia interpretazione. Chiunque le tocchi e le guardi, sono certa, potrà trovare e seguire una sua riflessione e un suo significato. Se dovessimo finire sullo stesso autobus, magari, ci sediamo vicini a parlarne.]


I. rêverie

ti cerco

dove sei?

sei qui,

sono qui.

sono.




II. dialogo


se tu,
se io.
siamo intenzione
ritmo
battito
temperatura
[silenzio]
ascolta.
ti ascolto.




III. assenza

solo.
è freddo.
nel vuoto
germoglia
la soglia,
si apre
sul mondo.




[testi e illustrazioni di estella guerrera]

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